EFISIO MARINI nei romanzi di Giorgio Todde
di Rosa Maria Mereu |
Si deve a Giorgio Todde, cagliaritano, scrittore e medico, per noi
proprio in quest’ordine, avere per primo reso nota al grande pubblico
la figura di Efisio Marini.
Protagonista di tre romanzi e di altre storie già nell’aria,
urgenti per lo scrittore che le sente nascere così come per
il lettore che ne aspetta l’epifania, Efisio Marini è in
Giorgio Todde “l’esca viva “ che stana curiosità e riflessione
negli spiriti troppo spesso anestetizzati della nostra epoca.
Nei romanzi troviamo tre racconti e tre momenti della vita di Marini
medico, pietrificatore, ora per la fantasia di Todde anche investigatore.
Tappe non cronologiche ci portano a ritroso dalla maturità
alla giovinezza di Efisio, le storie sembrano nascere per urgenza
naturale, come passi nel tentativo di spiegare il motore interno
della smania di conoscenza che spinge ad interessarsi delle cose
della vita e, inevitabilmente, fa fare i conti con la morte e viceversa.
Ma non si tratta di un ciclo concluso, e questo il lettore lo comprende;
restano ancora molti lacci tesi perché da un tale personaggio
si (aggiunta di non) venga nuovamente catturati: argomenti accennati,
idee lasciate aperte, personaggi e situazioni richiedono una vita
ulteriore.
Lo
stato delle anime
Anno 1892. Efiso Marini è nella piena maturità: è
famoso per le sue pietrificazioni, ormai non più solo di
organi e parti anatomiche, ma di interi cadaveri. La fama, da Cagliari,
sua città natale e luogo privilegiato dell’anima, lo segue
in tutta Europa, dove ha gia avuto importanti riconoscimenti scientifici.
Vive però ormai da tempo stabilmente a Napoli.
Tutti conoscono la sua scienza, ne sono affascinati e intimoriti,
ma non per questa viene chiamato nel paese di Abinei, borgo ancora
primitivo di una riconoscibilissima Ogliastra, mai nominata, piuttosto
per la capacità di indagine minuziosa che tale scienza ha
prodotto.
Il medico del paese di Abinei, di fronte ad una morte sospetta,
chiede aiuto a Efisio Marini, suo vecchio compagno di studi, per
effettuare l’autopsia del cadavere: è la nascita e consacrazione
di Efisio al suo nuovo ruolo, quello di investigatore.
Investiga da medico, con gli indizi che il corpo fornisce, non solo
quello dei morti, ma anche il corpo dei vivi che intorno a lui si
muovono, protagonisti di un mondo che si regge su ritmi e regole
proprie, nello spirito dell’epoca li osserva con parametri antropologici,
a volte sociologici, come di fronte ad un esperimento.
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Eppure
nel mistero di Abinei lo intriga l’intelligenza e l’originalità
della tecnica utilizzata per l’omicidio, e gli omicidi che
seguiranno in breve tempo al primo, gli paiono fuori luogo
in quelle montagne, appartenenti ad un simbolismo e intrigo
quasi cittadino.
D’altra parte tutto il romanzo è improntato ad una
sfida simbolica, contenuta nello stesso titolo: lo stato delle
anime del paese, regolato su di un equilibrio che pareggia
nascite e morti, è un segno di immobilità, ma
anche di uguale dignità tra vita e morte. Marini si
dimostra vanitoso, ama le sfide e ancor più le lusinghe,
contagia con la febbre del pensiero tutti coloro che, pur
vivendo in un mondo ancora tanto arroccato nella propria arretratezza,
possiedono una scintilla che li distingue.
Nel corso dell’indagine familiarizziamo con il metodo di pietrificazione,
ormai giunto a perfezionamento, conosciamo il potere dei suoi
sali, la tecnica delle immersioni e notiamo il compiacimento
dello scienziato per la riuscita del suo lavoro.
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Efisio
Marini, pietrifica organi, corpi, ma soprattutto uno, quello bellissimo
di Graziana, di una regalità spontanea e finisce col sottrarlo
mondo di montanari che lo ha prodotto, ma al quale sembra non essere
mai appartenuto. Nelle sue mani diventa una statua dotata di luce
propria, non è più una donna morta e lo stesso Efisio
se ne dimentica, giungendo ad una confidenza e ad un sentimento
che non sa spiegarsi, ma che ci è più comprensibile
attraverso le parole semplici del guardiano del museo di Napoli
dove Efiso l’ha portata, come a seguirlo: “ Con la morte, questa
ha vinto lei.”
Paura
e carne
E’ il romanzo di una città. Tra i protagonisti,
quasi più importante degli attori dell’intreccio, troviamo
la Cagliari di Efisio Marini, sebbene la città non venga
nominata direttamente, ma descritta ed evocata attraverso i sensi
fisici ed emotivi.
È la Cagliari calda e assolata, che diventa africana con
le piogge gialle di sabbia, a guidarci nella storia, a farci scoprire
i personaggi che si mescolano e si contrappongono. Come in una mappa
e in un intrico di vie urbane, si intessono i piani umani e narrativi.
Da una parte troviamo la città alta, chiusa a ciò
che le è estraneo, lo respinge ed esclude, anche quando nel
migliore dei casi gioca con la modernità; dall’altra il mondo
degli “inurbati” montanari, programmati ad un altro tipo di vita,
con un’altra morale. Efisio Marini si rivolge ad esso con lo sguardo
scientifico dell’epoca: il carattere fisico e psicologico è
già fissato non solo dalla nascita, ma in modo atavico, non
si sfugge alla natura, non è possibile una piena integrazione.
Riconosciamo poi il porto di Cagliari, con la sua vita che emerge
dal mare, inebria e confonde, mescola, stavolta anche al di là
delle leggi umane e naturali; il quadro si conclude con il mondo
appena umano che emerge dalle colline dei derelitti, ancora in vita
e già in una tomba, appena riconoscibili nella loro povertà,
anch’essa genetica, scritta in corpi deformati da secoli di malaria,
malnutrizione, parassiti.
Se nel primo romanzo ci sentivamo guidati da una sfida intellettuale,
qui già il titolo ci porta a sondare in modo più viscerale
dentro noi stessi, a cercare la soluzione con la ragione della carne.
La morte violenta entra subito nel romanzo con un delitto inspiegabile
e orribile, la carne ha lo strazio di un corpo terrorizzato, poi
mutilato.
Efisio Marini è un giovane medico, ha ventisei anni, magro,
vitale, curioso, ha una moglie e due figli, la sua vita è
però dominata da una idea soltanto, ossessiva: vincere sulla
corruzione dei corpi.
Studia i fossili, effettua esperimenti, lavora di notte all’istituto
di anatomia e al cimitero di Bonaria; il suo metodo di pietrificazione
è ancora agli inizi, ma i risultati sono già notevoli,
si diffonde intorno a lui una fama sinistra.
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Nel
romanzo la morte entra così da due strade, quella violenta
dell’omicidio e quella che aleggia intorno allo scienziato,
pensiero perpetuo, che avvelena la sua vita familiare, ma
che è per lui una sfida: la morte da vincere almeno
in apparenza.
La madre dell’ucciso chiede a Efisio di pietrificare il corpo
di suo figlio, vuole farne una statua per perpetrarne il ricordo,
e anche la presenza. Essa stessa prova su di sé i sali
di Marini, come una medicina, le danno la sensazione di conservare
la vita pur in quel suo corpo già così vecchio.
Gli omicidi continuano e a Marini non manca la materia per
i suoi esperimenti, i corpi << non rispondono, non si
muovono, non vedono…ma sembra che abbiano solo sospeso l’esistenza…
Solo una paralisi.>> Sono parole di Giacinta esterrefatta
per la sospensione del suo dolore di fronte ai genitori pietrificati,
senza un fiato di vita eppure ancora lì, come in un
limbo.
Accanto al suo lavoro Marini svolge quello dell’investigatore,
interroga i corpi, solo essi hanno i segni dell’assassino,
non si accontenta della soluzione che la giustizia crede di
aver trovato, la soluzione del mistero è nella carne. |
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Il
suo investigare è indisponente, a volte irriverente nei confronti
del mondo ufficiale, ha la presunzione di arrivare prima degli altri,
di avere in mano la verità, là dove tutti sbagliano,
questo carattere supponente e superbo è caratterizzato magnificamente
da Todde con il “dito alzato” del protagonista, puntato verso gli
interlocutori durante le discussioni, come a dar lezioni agli altri.
Altra caratterizzazione dell’uomo è resa attraverso il ciuffo
di capelli che l’autore fa ricadere sul viso di Efisio Marini, in
modo dispettoso, vezzo della sua vanità, ma anche sintomo
di irrequietezza interiore e di una personalità ingovernabile.
Traffici inaspettati vengono svelati, si scopre un mondo sotterraneo,
il contagio di un vizio che offusca la mente, turba i sensi, parrebbe
sciolto l’enigma eppure la storia è ancora in piedi e di
nuovo ci sorprende con la morte.
Anche la soluzione ha a che fare coi sensi, questi guidano Efisio
Marini che però ha bisogno di non lasciarsi distrarre, confondere,
deve tornare alla sua scienza, al suo “positivismo”, così
può capire finalmente, leggere in essi e districare il groviglio
di umanità che ha prodotto questo dramma.
L’occhiata
letale
Nel
titolo un inganno, un gioco di parole, subito svelato con la crudezza
dell’omicidio che apre il romanzo: è la morte di un uomo
tutto ventre e istinti naturali. Efisio Marini diciottenne, immerso
nella luce e nel caldo di un’estate precoce, intento alla catalogazione
dei suoi fossili, lo trova, è squarciato, ma conserva ancora
il segreto del suo tesoro nella carne.
“Inizia tutto da qua.”
Inizia non solo la storia narrata in questo romanzo, ma la maturazione
di un ragazzo curioso, ancora innocente, che attraverso la frequentazione
della morte cresce.
Ci si presenta in questo modo, non solo un classico dei “gialli”,
la gioventù del detective, ma un romanzo di formazione attraverso
la morte. La morte è la paura più grande, è
il nero profondo.
In questa alternanza dal nero alla luce si giocherà la vita
di Efisio, diventerà adulto e svilupperà una personalità
non facile da imbrigliare, da questo momento in poi si accorgerà
di avere accanto a sé un doppio malinconico che farà
da ombra a quella sua giovinezza così luminosa e aperta alla
vita.
Importante per plasmare il carattere di Marini è il mondo
familiare, il silenzio ordinato della madre Fedela, la personalità
forte del padre Girolamo, il loro è un mondo fatto di regole
e di cose riconoscibili, ognuna al proprio posto, gli insegnano
ad usare la testa, a ragionare.
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Artefice
dell’educazione
di Efisio Marini alla logica e all’ordine è però,
in primo luogo, padre Venanzio, scolopio, che investe un
ruolo che va molto al di là dell’insegnamento scolastico.
Da lui
Efisio impara l’arte della memoria e della catalogazione,
è lui a insegnargli che la soluzione arriva quando
i pensieri e i dati sono in ordine.
Poco ortodosso rispetto alla funzione religiosa che ricopre,
Padre Venanzio è tra i protagonisti di questo romanzo,
qui viene presentato nella sua figura a tutto tondo, non
risulta una figura in luce però, sempre nell’ombra
eppure fondamentale nello sciogliere e tessere le trame
della vicenda.
Padre Venanzio non è solo questo, è una chiave
di lettura del mondo, tra libri e sperimentazione, stimola
le esperienze che devono portare ai libri e viceversa. Il
suo ragionare, la ricerca della verità e della giustizia
lo fanno spingere anche dove, da prete non dovrebbe, e lui,
che agisce nell’oscurità, insegna a Efisio Marini
la luce delle idee. Efisio capisce che c’è qualcosa
di troppo grande per la sua giovane mente e a volte si sente
uno strumento inconsapevole.
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Efisio Marini con la curiosità impertinente che lo contraddistingue
cerca spiegazioni e il gioco si rivela interessante, è una
vera caccia al tesoro nella quale riesce a mettere insieme, tessera
dopo tessera, attraverso il ragionamento, la soluzione,incredibile
, che affonda le radici nella storia della sua città. Certo
il gioco è crudele e disseminato di morte, fino alla fine.
Sull’assassino però stavolta ne sa di più il lettore
che il protagonista, e infatti il giallo non si gioca sulla ricerca
di un colpevole, né su un movente che pure è esplicitato.
Si svolge nell’alternanza di mondi luminosi e mondi sommersi; da
una parte interessi segreti che emergono e rivelano una realtà
parallela nella città, il mondo degli “incappucciati”, delle
logge massoniche, degli intrighi politici che tutto giustificano,
al di là della morale comune; dall’altra lo splendore della
sensualità che trasuda dalla natura, gli odori, i colori
di quella stessa città, la dolcezza delle donne presenti
nel romanzo.
Da una parte la morte, l’interesse, la volgarità, il buio
del mistero, l’oscurità delle soluzioni; dall’altra la vita,
le scintille dell’amore, il suo calore, le sue ragioni.
E come il titolo del romanzo ci ingannava con un gioco di parole,
così anche la soluzione è nelle parole, bisogna possedere
la chiave giusta e la mente allenata.
Non è detto inoltre che la soluzione dia soddisfazione al
giovane Efisio Marini, lui che già gusta la vanità
del proprio io, del mettersi in mostra come davanti ad una platea,
comprende che l’ordine, la classificazione non imbrigliano i fatti
e la realtà, la sua catalogazione arriva dopo e sarà
sempre incompleta.
Aggiornato
al Marzo 2006
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