Gli
anni napoletani furono per Marini un periodo di intenso e febbrile
lavoro, nel disperato tentativo di usare la sua arte come “grimaldello”
per ottenere gli agognati riconoscimenti universitari.
Da un lato egli strinse rapporti sempre più stretti col fior
fiore degli intellettuali locali e con scienziati di ogni parte
d’Europa, dall’altro si dedicò a perfezionare sempre di più
il suo metodo di pietrificazione, apportando modifiche e sostituendo
alcuni componenti chimici che non gli davano affidamento, rispetto
ai nuovi che andava sperimentando.
In uno studio di quegli anni, parlando del trattamento portato ai
colerosi dei quartieri napoletani, Marini accennò ad alcune
sostanze da lui usate in passato per la conservazione dei cadaveri,
in particolare l’acetato di allumina. Esso, però, non l’aveva
soddisfatto ed era passato così a delle altre sostanze:
“Il
primo cui balenò nella mente l’idea di applicare ai vivi
una delle sostanze, che scopersi utili per arrestare la putrefazione
nei cadaveri, fu l’illustre Professore Teobaldo Rosati da Firenze.
Da parecchi anni però io non l’uso più, perché
ottenni risultati assai più felici adoperando altre sostanze,
in quantochè riscontrava, sempre che usava l’acetato d’allumina,
una marcatissima infiltrazione sierosa” .
Si
tratta di uno dei pochissimi riferimenti lasciati trapelare dal
Marini sui misteriosi componenti chimici da lui utilizzati per la
pietrificazione dei corpi e, comunque, ci conduce sulla strada dell’identificazione
della formula originale, segreto che le moderne tecniche d’indagine
stanno pian piano rivelando.
Una copia autografata dell’opuscolo venne inviata dall’autore alla
Biblioteca della Regia Università di Cagliari, quasi a mostrare
una prova dei successi che quel figlio di tanta città matrigna
andava mietendo, nonostante in patria non fosse in alcun modo considerato.
Sull’autografo mariniano la grafologa Maria Piera Ulzega ha esercitato
un’interessante perizia calligrafica, la quale ha messo in evidenza
ancor di più i caratteri peculiari della personalità
mariniana : “ricercatore tenace, intelligente ed ambizioso, desideroso
di vedere riconosciuta universalmente la propria opera. A questo
fine dedica la vita, convinto che la propria intuizione meriti una
prestigiosa carriera universitaria o, quanto meno, la stima dei
suoi concittadini” .
Un importante risultato confortò la sua ambizione, quando
riuscì a pubblicare una breve nota su “The Lancet”, la più
importante rivista scientifica europea, una delle più prestigiose
al mondo, nel settore . In essa il Marini spiegò alcuni particolari
del suo metodo di pietrificazione e descrisse il celebre tavolino
composto da pezzi umani. Possiamo immaginare la sua soddisfazione,
soprattutto se consideriamo che i suoi mediocri colleghi cagliaritani
mai e poi mai avrebbero sperato di essere presi in considerazione
da una rivista di tale levatura.
Per
un certo periodo parve che la fortuna stesse sorridendo al caparbio
scienziato, il quale si buttava sempre più in nuove incredibili
avventure scientifiche e ardite sperimentazioni. Alcuni preziosi
pezzi anatomici scampati alle distruzioni e all’incuria degli uomini
sono ancora oggi conservati nel prestigioso Museo Anatomico di Napoli
e ci mostrano un’arte pietrificatoria indubbiamente progredita,
rispetto agli anni di lavoro cagliaritani.
Tra le opere conservate vi è anche un altro lugubre tavolino
ottenuto con sangue, cervello, bile e altre parti del corpo umano,
sormontato da una mano di ragazza, un lavoro molto simile al tavolino
donato a Napoleone III.
Mano
di fanciulla su un tavolino composto di sangue, cervello, bile,
fegato, polmoni e linfonodi
Per cortesia del Professor Vincenzo Esposito (Museo anatomico di
Napoli)
Particolari
dello stesso tavolino
In
virtù di questi suoi successi molti personaggi illustri,
che il Marini aveva conosciuto e frequentato, gli chiesero di essere
da lui pietrificati, così da poter sopravvivere alla propria
morte.
Tra i personaggi pietrificati dal Marini si ricordano Maria Courrier,
il marchese Rodolfo d’Afflitto, Vincenzo Villari, fratello dello
storico positivista Pasquale, il cardinale Guglielmo San Felice.
Tutti personaggi appartenenti alla componente più prestigiosa
degli intellettuali italiani del tempo, tutti amici o simpatizzanti
del Marini, fatto che deve far riflettere sulla considerazione di
cui godeva lo scienziato cagliaritano fuori della sua terra e di
come egli fosse perfettamente inserito in un preciso e ampio panorama
culturale.
Il
marchese Ignazio d’Afflitto due anni dopo la sua pietrificazione
- Il Villari riesumato tre mesi dopo la pietrificazione e riportato
allo stato di flessibilità – L’avvocato Villani, napoletano,
fotografato tre mesi dopo la pietrificazione (immagini concesse
da Giorgio Bertorino).
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