PIETRO MARTINI

 


Interno del cimitero di Bonaria, a Cagliari, abituale luogo degli esperimenti di Efisio Marini

La morte dello storico cagliaritano Pietro Martini, il 17 febbraio 1866, gli offrì l'opportunità che cercava. Vennero celebrati solenni funerali a cui parteciparono numerosi cagliaritani, tra i quali Marini e Lay Rodriguez. Allo scienziato, la cui fama stava sempre più crescendo in città, fu affidato l’incarico di conservare il corpo del Martini con il suo incredibile metodo di pietrificazione.
Come racconta la cronaca dell’epoca, fatta da Felice Uda, “Dopo gli elogi dei necrologi e la prece venale dei sacerdoti, quel corpo, già in preda alla dissoluzione, doveva appartenergli. Egli lo prese in custodia, lo trasportò in una celletta del cimitero, e sussurrò al suo orecchio la feconda parola della scienza: Tu non morrai intieramente. Non temete: non ci furono arcane abluzioni, misteriosi scongiuri, filtri magici, infernali treggende. La scienza operò il miracolo” .
Quello scritto da Uda era sicuramente un articolo che metteva in luce la grande fiducia nell’opera del Marini; esso, inoltre era un elogio della scienza positivista in generale, che permetteva all’uomo, alla sua ragione alla sua scienza, ogni operazione, ogni successo sulle forze della natura.
Ricordiamolo: siamo in pieno Ottocento e l’influenza delle opere di Saint Simon, Comte, di Pasquale Villari, per l’Italia, era allora assai forte anche in piccoli centri come Cagliari. Le scienze della natura, in particolar modo, con le loro scoperte e i successi clamorosi, anche sul piano della visibilità, erano diventate un modello di conoscenza e ricerca anche nell’ambito della realtà umana, storica e sociale .
Intanto, la scomparsa di Pietro Martini aveva gettato nello sconforto i numerosi amici e colleghi dello storico; inoltre egli non aveva lasciato di sé, come testimonianza della sua vita terrena, nient'altro che un ritratto giovanile. Efisio Marini, Agostino Lay Rodriguez, Felice Uda e il loro amico, Antonio Timon, ebbero allora l’idea di immortalare il corpo di Pietro Martini in una lastra fotografica.
Secondo il racconto che ne fanno le fonti dell’epoca e secondo quanto scritto da Oliviero Maccioni nel suo libro Cagliari, fra cronaca e immagini , l’1 giugno 1866 di buon mattino Marini, Lay Rodriguez, Uda e Timon si recarono nel cimitero di Bonaria per mettere in atto il loro progetto.
Come scrisse anni dopo ancora Felice Uda nelle sue memorie: “Andavano a fotografare un uomo quattro mesi dopo la sua morte!” Marini, invece, stava per raggiungere il suo scopo: mostrare al mondo scientifico un documento probante della sua scoperta. Finalmente fu aperta la tomba ed Efisio Marini cominciò subito ad operare sul corpo inanimato, ancora ben conservato, per controllare lo stato del suo primo lavoro, svolto quattro mesi prima. Il corpo di Pietro Martini era diventato come una pasta morbida e duttile nelle mani del suo modellatore.
Gli amici lo guardavano attoniti mentre ricostruiva i lineamenti perduti dello storico: egli aveva un imperio assoluto sulla salma. Terminata l'operazione l'insigne studioso era pronto per essere ritratto. Agostino Lay Rodriguez in pochi istanti riprodusse l'evento con grande precisione e il morto riviveva così in una lastra fotografica.
Qualche mese dopo l'immagine dell'illustre storico sorrideva ai suoi concittadini dalle vetrine dei negozi cagliaritani, dove era in vendita nei vari formati allora in commercio . Marini pensò che finalmente il momento della sua consacrazione cagliaritana fosse arrivato.

Due immagini dello storico cagliaritano Pietro Martini. A sinistra ritratto fotografato da Agostino Lay Rodriguez. A destra la foto del cadavere pietrificato, eseguita dallo stesso Lay Rodriguez
Da O. MACCIONI, Cagliari, fra cronaca e immagini, Cagliari 1982, pp. 465 e 467

Purtroppo l’evento non suscitò gli effetti sperati. Come era facile aspettarsi, visti i precedenti, gli avversari e i detrattori del Marini non tardarono a farsi sentire, mettendo in dubbio la riuscita della pietrificazione e la parola degli amici dello scienziato. Gli articoli sulla “Gazzetta Popolare”, furono, se possibile, ancora più feroci che in passato, tanto che lo stesso Felice Uda si prese la briga di rispondere con un velenosissimo articolo sullo stesso giornale, ad appena una settimana dal suo precedente pezzo che ricordava il successo dell’opera di Marini e Lay Rodriguez. In particolare Uda se la prendeva con un articolista anonimo che, in evidente malafede, aveva alterato il contenuto e il senso del suo precedente articolo, quindi ricordava i numerosi denigratori del Marini, del Lay Rodriguez e della loro opera: “Hanno soltanto degli invidiosi. Quelli del Marini, ognuno con qualche sforzo di memoria, può ricordarseli, risalendo a sei o sette mesi fa; potrebbe anche vederli sulla via, se l’acquazzone sopraggiunto nei giorni passati non li avesse sepolti letteralmente nel fango. Non valse che il Marini li avesse messi più volte colle spalle al muro; ritornarono all’assalto, e solo da ultimo s’accorsero che le buone riputazioni sono corazze d’acciaio contro cui non fanno buona presa i denti canini, il che è come dire che la biscia ha beccato il ciarlatano e che sbalzarono indietro coi denti rotti e le costole fracassate” .

La tomba di Pietro Martini, nel Cimitero Monumentale di Bonaria

Felice Uda, nella sua feroce risposta, metteva ancora una volta in risalto la proverbiale invidia e la scarsa coesione fra concittadini in una terra povera e arretrata come la Sardegna (“Ci frantumiamo gli uni cogli altri, e vogliamo risorgere… ohibò! noi siamo vermi del pantano, questo fango ci piace”), per concludere con una battuta finale, riservata agli invidiosi: “A conti fatti – son tutti cani”.
Per nulla impressionato dalle accuse mossegli, Marini fece riesumare la salma dello storico davanti a numerosi e autorevoli testimoni. Il risultato gli diede ragione: il corpo di Pietro Martini era perfettamente conservato e così fu anche nelle successive riesumazioni che si resero necessarie anni dopo, per convincere i più scettici. Come indica ancora l’Alziator, il corpo dello storico è ancora conservato nel cimitero monumentale di Bonaria: tombino di Prima Classe, Serie II, fila IV, numero 14.