EFISIO MARINI, GENIO INCOMPRESO
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...Efisio Marini, figura
poliedrica e allo stesso tempo misteriosa della storia sarda, fu
sicuramente uno dei più importanti scienziati europei del
XIX secolo, Nonostante ciò egli morì quasi in miseria,
dimenticato da molti in un’umile abitazione di Napoli, senza che
il mondo gli tributasse i riconoscimenti che avrebbe meritato.
...Come sintetizza Antonio Maccioni,
“il mistero più grande della sua vita non fu il segreto della
pietrificazione dei corpi, che la attuale scienza e tecnologia ha
oramai quasi del tutto spiegato, ma il vero motivo che lo ha spinto
a dedicare la propria cultura ed intelligenza ad un campo quanto
mai insolito, costringendolo infine ad un volontario esilio, alla
ricerca di una comprensione che non riuscì mai ad ottenere”
(A. MACCIONI, Efisio
Marini e la conquista dell’eternità, in Studi Sardi, vol.
XXX, Anno 1992-1993, Cagliari 1996, p. 684).
...Marini nacque a Cagliari nel 1835
da una benestante famiglia di commercianti di origini italiche ma
da tempo trapiantatasi nel capoluogo sardo (per
le notizie sulla famiglia Marini si rimanda a F. ALZIATOR, I morti
di pietra dell’uomo caparbio, in Rivista “Il Convegno”, Cagliari,
giugno - luglio 1946 e M. SERRA, La vita dopo la morte. Efisio Marini:
un cagliaritano di genio ma poco conosciuto, in “Almanacco di Cagliari”,
Cagliari 1985).
Curioso per ogni aspetto della vita e ambizioso per vocazione si
trasferì a Pisa per compiere gli studi universitari in un
ambiente più aperto rispetto a quello di provenienza. A Pisa
seguì gli insegnamenti di Giuseppe Meneghini e nel 1861 tornò
nella sua città, con due lauree: in medicina e in scienze
naturali. Grazie alla sua ottima preparazione ottenne un incarico
di assistente presso il Museo di Storia Naturale di Cagliari, anche
se l’incarico non soddisfaceva appieno i suoi desideri e le sue
ambizioni. Nonostante la Legge Casati del 1859 avesse aperto la
possibilità di istituire provvisoriamente nuove cattedre
universitarie, egli rimase ugualmente privo di un posto di insegnamento
e preferì dedicarsi al campo che più lo appassionava:
la ricerca (A. MACCIONI, Efisio
Marini, cit., p. 685).
...Inizialmente i suoi studi si orientarono
verso la paleontologia, disciplina basilare per le future scoperte.
Nel 1861, appena venticinquenne, il Marini pubblicò la sua
prima opera scientifica, “Idee di Paleontologia Generale”, uno studio
sui fossili presenti nell’area di Cagliari – Elmas (E.
MARINI, Idee di Paleontologia Generale, 1861 (opuscolo 992/23 conservato
presso la Biblioteca Universitaria di Cagliari).
Si tratta del suo primo approccio all’affascinante tema della conservazione
della materia attraverso i secoli, un lavoro che, tra le righe,
mostra una curiosa tendenza metodologica del giovane Marini, quella
di avvicinare, quasi paragonare, le fasi della fossilizzazione a
qualcos’altro che con la scienza accademica aveva poco a che fare:
“le tre fasi individuate, imperfette ed approssimative alla luce
della scienza moderna, ricalcano fedelmente quelle alchemiche della
distillazione, fusione e sublimazione, utilizzate nella ricerca
della “pietra filosofale” (A.
MACCIONI, Efisio Marini, cit., p. 685).
...Così, tra rigore scientifico,
abilità artigianale e suggestioni alchemiche, Marini cominciò
le sue ricerche cagliaritane, altero, forse presuntuoso, abituato
a lavorare in solitudine, tutti fattori che non tardarono ad attirargli
l'ostilità, velata dei suoi colleghi, i quali detestavano
il suo modo di fare saccente e il carattere solitario, ma in realtà
ne invidiavano la bravura.
...Tuttavia egli non era così
introverso come veniva descritto. I pochi momenti liberi li passava
con due suoi grandi amici, Felice Uda e, soprattutto, Agostino Lay
Rodriguez, uno dei primi fotografi sardi, molto noto anche al di
fuori dell'isola. Con il Lay Rodriguez Marini avviò, oltre
a una lunga e bella amicizia, anche una serie di collaborazioni
scientifiche, per la comune passione nei confronti dell’arte fotografica.
Già nel 1861 un Efisio Marini ventenne scriveva al giornale
cagliaritano “La Gazzetta Popolare”, affermando di avere eseguito,
sulle orme del grande Edouard Delessert, diverse opere fotografiche
da autodidatta, con risultati più che lusinghieri, e si offriva,
nientemeno, di insegnare gratuitamente a chiunque lo volesse, la
tecnica di riproduzione fotografica (A.
MACCIONI, Efisio Marini, cit., p. 684).
...L’intraprendenza del giovane Marini
dovette apparire a molti indizio di presunzione, il suo era comunque
un modo d’agire tale da infastidire le menti mediocri di molta della
intellighenzia cagliaritana di allora. Tuttavia, questo ennesimo
singolare aspetto della personalità del Marini ci rivela
il desiderio di conoscenza e l’apertura culturale a cui era arrivato,
elementi che lo spingevano a non fermarsi a quanto poteva offrirgli
la scena culturale della sua città.
...Intanto, proseguendo gli studi sui
fossili, gli si andavano rivelando i processi che trasformano la
materia. Egli aveva intuito che era possibile utilizzare le tecniche
della fossilizzazione per conservare la materia organica ed evitarne
la putrefazione, un sistema diverso da quello che aveva escogitato
il grande Segato pochi decenni prima. Il Marini, però, non
voleva fermarsi a questa sola fase, ma anche tentare di riportare
la materia fossilizzata alle primitive condizioni. Cominciò
così a studiare il processo inverso a quello della natura,
per risalire dalla materia fossilizzata alla sua condizione originaria.
La condizione del fossile, infatti, era per lui uno stato di perfezione
che rappresentava “la vittoria contro la degradazione e la conquista
dell’eternità” (A.
MACCIONI, Efisio Marini, cit., p. 686).
Nei suoi primi audaci esperimenti lo aiutava l’amico Lay Rodriguez,
combinando le conoscenze di anatomia e chimica con quelle per la
realizzazione delle lastre fotografiche: un modo di operare mai
usato fino ad allora.
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